Il mio sguardo libero

Durante i viaggi pasquali, soprattutto quando ci si sposta in treno, capita di sostare a Roma, alla stazione Termini, la stazione dove passa la maggior parte del traffico ferroviario nazionale. E in questo periodo alla stazione Termini, dal lato sempre affollato delle biglietterie, è ospitata una mostra fotografica fatta, semplicemente, di persone. Per certi versi sono persone qualunque, per certi altri non lo sono. Sono persone qualunque, nel senso che vivono in mezzo a noi, e non hanno poi nulla di così speciale: non sono particolarmente belli, non hanno il sangue blu, non hanno particolari superpoteri. E hanno degli occhi, uno sguardo come tutti. Sta però in quello sguardo il loro essere speciali, nel sogno racchiuso in quegli occhi, un sogno che quegli occhi riescono a vedere: un'Italia libera dalla mafia. E il loro essere speciali sta proprio in questo, ma non solo. Sta anche nel fatto che ci provano, ad avere una Italia senza mafia. Come molti e molti altri. Loro sono la punta dell'iceberg. Osservateli bene (tra loro riconoscerete un po' di gente, come quel Giulio Cavalli che spesso cito su questo blog, o un'altra colonna della letteratura impegnata italiana, Roberto Saviano), perché loro, in fondo, non fanno altro che raccontare. E ogni tanto dovremmo farlo anche noi, perché, come ricorda Saviano, anche raccontare è un atto di ribellione alla mafia molto più forte di quel che si pensa.